VIAGGIO NEL
RICORDO E IN UN SOGNO (racconto).
"Guardate che spettacolo ! Guardate
! La famosa muntagna spaccata...
Si spaccò quanno moritte gesù cristo, che venne nù grandissimo
terramuoto...
Poi su nù sasso incastrato ci fecero la chiesa, lassù in cima."
Avevo 11 anni ed ero in campeggio a Sperlonga. Mi portarono a fare un
giro su un barcone che per 500 lire a persona portava una trentina di
persone a vedere la montagna spaccata di Gaeta, dal mare.
"Li nella grotta c'è la mano duo turco. No turco che un ci
credette e rideva, rideva...
S'appoggiò alla roccia e la mano s'affonnette into a essa.
Stà ancora li o segno. Tutti o possono vedere."
Dal megafono il "capobarca" sciorinava la sua storia.
Impressionantissima alle orecchie di un bambino, di terremoti ed eventi
soprannaturali.
E impressionante la scogliera lo era davvero.
Enorme.
Un muro giallastro che saliva dal mare. Mura altissime con su in alto,
della stessa roccia, il santuario, distinguibile solo per la fila
ordinata delle finestrelle, unico segno umano nel caos di linee e
macchie di colore della enorme bastionata.
Ancora più enorme dei suoi 120 metri, agli occhi spalancati di un
bambino.
Passano gli anni.
Il ricordo non svanisce. Sedimenta.
Quando sento parlare della Montagna Spaccata esso riaffiora. Sorrido
dentro di me. Rivedo quei colori, sento l'odore del mare e il vento, il
battito profondo del motore diesel del barcone, la voce stentorea dal
megafono, e rivedo quel muro!
E nel ricordo, di quel muro non riesco a vedere la fine, talmente mi
apparve alto.
E quando comincio a parlare di montagna, di alpinismo e arrampicata
qualcuno mi dice che li, proprio su quella parete, qualcuno si
arrampica.
Pazzi, penso!
E come fanno ad arrivarci? e soprattutto come è possibile salire quel
muro esposto al vento e agli spruzzi del mare, contendendolo ai
gabbiani.
Come fanno a stare attaccati li?
Mi sudano freddo le mani e i piedi a pensarci!
Passano ancora gli anni.
Comincio ad arrampicare. Si parla di Gaeta e la sua montagna spaccata.
E i miei miti personali si accavallano...a quelli degli arrampicatori.
"La calata in doppia è impressionante, 110 metri !
" ..... "Se non gliela fai non c'è ritorno... a
nuoto o chiami una barca !"... "L'esposizione è totale,
da strappabudella ! " ...
"Anche a gente brava ed esperta Gaeta fa impressione. Sarà perchè
c'è il mare sotto...? Tanti non hanno il coraggio di scendere..."
Cose sentite... frammenti presi al volo.
Quella parete che sorge dalla mia infanzia, gialla grigiastra, enorme e
repulsiva, mi affascina moltissimo.
Mi ammalia e mi spaventa.
La razionalizzo.
Studio le vie, sulla carta. I gradi sono alla mia portata.
Lo so. Pareti apparentemente inviolabili nascondono sulla loro
superficie percorsi navigabili.
Sono 4-5 lunghezze di corda. Ci sono le protezioni... le soste.
Il mito si addolcisce. Non è più il muro ciclopico e inavvicinabile
della mia infanzia.
Diventa più accogliente e... affrontabile.
Prima o poi...
.......
Venerdì in chat, kluge mi dice: "Andiamo a Gaeta, domani?"
Cavolo. Certo che ci vengo! Si che voglio venirci!
Non me ne accorgo, non ci penso, ma entro nel mio piccolo personale
sogno.
Penso di essere nella realtà, ma è un sogno che continua invece.
Quando è arrivato il momento di andare a fare una cosa che progetto da
tempo, la sera prima, inevitabilmente ci penso. Mi preparo facendo mente
locale sulla lista delle cose da portare.
Per vedere se sto dimenticando qualcosa cerco di immaginare quello che
sarà il giorno dopo.
A volte tutto si ingarbuglia nella testa. Non riesco a concentrarmi. Non
*visualizzo* quello che devo fare. Quasi certamente allora la cosa non
andrà a buon fine.
Per il tempo o per altri inconvenienti, il giorno che viene non sarà
quello giusto.
Altre volte invece, seguo una linea magica. Tutto è semplice. Ogni
piccolo particolare va a posto con facilità. Allora so che è il giorno
giusto, e che tutto sarà perfetto.
Questa volta è così.
Il mattino dopo il tempo è bellissimo. C'è il sole, ma l'aria è
fresca e limpida.
Da Gaeta si staglia sull'orizzonte, simile ad un isola, la grande rupe
del Circeo.
Poi, loro si perse nel mare, le
isole pontine, distanti buoni 50 chilometri.
Palmarola, Ponza, Zannone, più giù verso sud, Ventotene,
e ancora, lontana, la grande sagoma di Ischia e la linea del golfo di
Napoli.
Il mare è calmo, di un blu intenso.
Lasciamo la macchina a 100 metri dal santuario. Ci prepariamo e saliamo
verso la sommità della scogliera.
Kluge prepara per la discesa. Ha una corda statica da 100 metri, che
lascerà attaccata. Ci eviterà il tempo perso per attrezzare le tre
doppie da 35 metri necessarie alla calata.
Temo un pò la mia reazione al momento di affacciarmi.
Razionalizzo, mi calmo...
Sparisce Kluge oltre l'orlo. Attendiamo, io e Antonio, il suo "liberaaaa",
che arriva dopo minuti, lontanissimo e quasi inavvertibile. Parte
Antonio.
Resto solo.
Controllo l'imbraco. Scelgo il cordino per il machard. La piastrina, la
ghiera, il moschettone. La macchina fotografica. Meglio far passare il
moschettone dietro la corda.
La corda si è allentata. Monto il freno, il nodo e vado. Guardo
sotto. Vedo il pozzo blu del mare. E' lontano. Mi concentro nella
discesa.
Venti, trenta metri, la parete si allontana dal filo a piombo della
corda.
Sono appeso a 4 metri dalla parete, a 60-70 metri dalla linea
leggera di schiuma delle piccole onde che si infrangono sugli scogli.
Faccio bloccare il machard e mi fermo, comincio a ruotare, pian piano.
Prendo la macchinetta fotografica e scatto. E' bellissimo!
Un attimo, il dubbio... E se la corda si spezza? e se l'anello
dell'imbraco si stacca?
Un pazzo che da sopra taglia la corda?
Alcuni secondi, il volo, l'impatto con la roccia. Chissà a che pensi in
quel momento?
Ma dai figurati. Non si rompe nulla. Non può.
E non c'era nessuno, sopra. E Kluge ha fatto fare un'asola alla corda
alcuni metri sotto il bordo e noi ci stiamo calando su questa. Il pazzo
dovrebbe prima calarsi fino all'asola per poter tagliare...
Ecco, i fantasmi sono scacciati.
I tarli sono venuti allo scoperto e li ho cacciati. In alcuni istanti.
Continuo a scendere piano, godendomi la roccia, l'aria fresca, l'odore
del mare.
Arrivo in fondo, alla fine, ad alcuni metri dal mare.
Kluge è già partito per il primo tiro della via dello spigolo. Mi lego
e aspetto.
Sento il respiro del mare, i gabbiani,
infilo le mani sudate nel sacchetto della magnesite.
Kluge è arrivato in sosta. Possiamo
andare. Ok, salgo da terzo, recupero il materiale.
I muscoli sono ancora intorpiditi e l'impatto con questa roccia nuova,
piena di appigli ma, specie lì in basso, arrotondati dal vento e dal
mare, mi crea un momento di difficoltà.
Supero un traverso un pò titubante. Poi la via diventa più facile e
arrivo alla prima sosta. Respiro.
Va da primo Antonio, arriviamo alla seconda sosta.
Mi sono sciolto. La roccia mi piace. La via è entusiasmante. Verticale,
esposta, ma sempre ben appigliata e ben protetta.
Il sole è caldo ma l'aria è fresca e si sta bene.
I compagni vanno su sicuri. Non penso nemmeno ad andare da primo, sono
preso dai miei pensieri, mi godo la salita.
Siamo a metà parete e dalla sosta guardo il mare.
Uno spettacolo incredibile !
Sotto di me, il sole si riverbera in mille brillantissime luci, come
stelle, nel blu scuro dell'acqua.
"Guarda..." dico a Kluge...
E' di una bellezza da restare in silenzio.
Arriva una barca, si ferma più o meno sotto di noi.
Uno cerca di farci vedere dall'altro, che non riesce a scorgerci.
"Li vedi .." dice al suo compagno, "vicino a quella
roccia grigia ce n'è uno, e altri due più sotto..." .
E l'altro non riesce a vederci.
Eppure noi li sentiamo e vediamo benissimo. Mi viene da salutarli.
Provo a guardarmi coi suoi occhi e miei occhi sono quelli di un bambino
di undici anni che guarda la parete e mi vedo perso in essa.
E' un attimo.
Sogno e realtà si sovrappongono. E' pura magia.
..........
Usciamo in cima. Scendiamo di nuovo. Ne facciamo un'altra. La giornata
resta bellissima. Tutto continua ad essere perfetto.
Raggiunto il culmine dell'incanto, si ritorna. Scivolando dolcemente
nella realtà.
Finiamo la giornata da Guido, per una caprese come la fanno li.
Grazie ai miei compagni, Kluge a Antonio, per aver condiviso il mio
sogno.
Ci tornerò a Gaeta. Alla sua montagna spaccata. Salirò altre vie.
Ma non potrà mai essere come questa volta.
Io ... per finire in bellezza :-)
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Le
pareti vicine a quella in cui si arrampica, fotografate dalla
sosta di calata. |
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Antonio,
prima di calarsi per 100 metri |
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Dalla
sosta di calata |
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Dalla
prima sosta della Via dello Spigolo, Kluge fa sicura ad Antonio |
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Seconda
lunghezza. Dal blu del mare a quello del cielo. |
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Vado io.
Kluge sullo sfondo di un tappeto luccicante. |
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Nel
diedro del 3° tiro |
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Kluge
sale nel diedro della via dello spigolo. |
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Mentre
mi calo Kluge è già quasi alla sosta del primo tiro della via
dei camini |
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Via dei
Camini. Antonio nel 2° tiro. |
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Io,
nello stesso camino. |
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Io sul
3° tiro, quasi all'uscita. |
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