Che ve lo dico a fa’

«(…) un capannone di 2mila metri quadrati in un’area industriale milanese a giugno 2012 ha versato quasi 12.100 euro, con un’impennata dell’82,4% rispetto a quanto chiedeva l’Ici. Il conto da pagare nelle prossime settimane sale invece oltre quota 18.250 euro, con un nuovo aumento del 51,1% rispetto a 12 mesi fa e un super-aumento del 175,6% rispetto ai tempi della vecchia Ici»

(dal sole24ore articolo gianni trovati) http://phastidio.net/2013/05/09/dove-limu-e-realmente-letale/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+phastidio%2Flhrg+%28Phastidio.net%29

Un capannone di 2000 mq per una normale attività artigiana tipo officina, fabbro, falegnameria, sito in periferia lo scorso anno a Roma pagava circa 20.000 € di Tarsu. Dicono che la TaRes aumenti di molto queste tariffe.

Siamo a circa 38.000 euro di tasse da versare sulla pura proprietà, per un capannone di 2000 mq.

Tenete conto infatti che la tariffazione della TaRes non ha quasi nulla a che vedere con l’effettiva produzione di rifiuti. Ad esclusione di quelli prodotti in ufficio (cartacce) in pratica tutti i proventi della produzione e lavorazione sono considerati a vario titolo “rifiuti speciali” e smaltiti a parte, con contratti speciali, ovviamente a pagamento.

Qui a Roma poi è incredibile. Per le imprese non c’è alcuna certezza sulle tariffe. Sono andato tre volte a chiedere spiegazioni per l’impresa in cui lavoro e tre volte i funzionari mi hanno detto cose diverse. Le associazioni imprenditoriali cui siamo associati non sanno nulla. Per avere visione delle tariffe per categoria ho dovuto farmi indicare per vie traverse il numero di una delibera del II ufficio tecnico del Comune di Roma dove alfine le ho trovate (se qualcuno la volesse questa delibera posso inviargliela). Per capire in che modo potessi non già pagare di meno, ma pagare il giusto, quello che prevede la legge, ho dovuto studiarmi tutte le delibere, perché loro tendono ad applicarti la tariffa per la categoria più alta. Il comune di roma ha deciso che non c’è alcuna esenzione per chi produce rifiuti speciali (non destinati al normale circuito di smaltimento gestito dall’Ama) e per cui si stipulano contratti di smaltimento con imprese private, pagando, ovviamente. Noi per esempio, anche se tutti i nostri rifiuti sono classificati come speciali e quindi soggetti a smaltimento a parte, e destiniamo ai cassonetti l’equivalente di una busta da spazzatura famigliare fatta da carte d’ufficio, paghiamo 5.000 euro l’anno, ma ne ne avevano chiesti 10.000!

Anche se stai in perdita queste tasse le paghi in ogni caso. Anche se chiudi le paghi in ogni caso.

In più c’è l’Irap.

Un’impresa che fattura un milione di euro avvalendosi di manodopera per un costo di 400.000 euro annui, paga all’incirca 12/15.000 euro annui. A prescindere se abbia o meno riportato utili, dato che il costo della manodopera non viene portato in detrazione.

A grandi linee insomma, anche se quest’anno l’impresa ha lavorato in perdita, paga comunque, con un capannone di 1000 mq di proprietà e fatturando un milione di euro, circa 30 / 35.000 euro di tasse.

Ce ne sono molte altre. C’è l’Iva che anticipi allo Stato non appena fatturi e che magari non prenderai mai, perché il cliente non ti paga, perché sta messo peggio di te e chiude, fallisce. Ma lasciamo stare… teniamoci sul grosso.

Insomma, se ho un impresa che usa per la sua attività un bene strumentale come un capannone, e fatturo un milione di euro, pago 30/35.000 euro di tasse anche se sto in perdita.

Questa situazione dura da un po’ ormai.

All’inizio i soldi li prendi in banca. Vai sotto e paghi interessi.Oppure non li paghi e vai a ruolo con Equitalia e paghi interessi e sanzioni.

Così adesso a questi 30-35.000 euro di tasse si aggiungono interessi e sanzioni, che ogni anno montano e si sommano.

Anche se stai fermo. Se smetti di lavorare, il tuo debito aumenta. Sia per gli interessi sia perché essendo tasse di proprietà le paghi comunque, anche se non lavori.  E dove li vai a prendere oggi questi soldi? Ma se avevo tanti soldi in banca prima, ora sarebbero raddoppiati, triplicati, quadruplicati… perché se ce li hai i soldi, quando ci sono questi momenti, compri a un tozzo di pane… la prendi per il collo la gente disperata.

E’ chiaro che non ce l’ho quei soldi. Se no non stavo a fare questi discorsi. Come tante piccole imprese, il titolare porta a casa uno stipendio, più o meno come i suoi dipendenti.

Meglio chiudere e vendere tutto, dite?

Non puoi. Non compra nessuno. Il mercato immobiliare è morto. Il capannone non vale più nulla, non ha mercato. Nemmeno casa ti puoi vendere, se ce l’hai.

Non puoi pagare i fornitori, non riesci a pagare gli stipendi, le banche vedono diminuire il volume di lavoro e si preoccupano, chiedono di rientrare. Non puoi ovviamente. A quel punto si preoccupano ancora di più e ti ingiungono di rientrare.

Non puoi. Aumentano gli interessi. La Bce farà anche lo 0,5% ma le banche italiane alle piccole imprese fanno il 9-10% quando con artifizi di vario genere non vanno ben oltre l’usura.

Questa è la situazione in cui versano decine di migliaia di piccole imprese, che danno lavoro, oltre ai loro proprietari, anche a centinai di migliaia di lavoratori, non coperti da cassa integrazione ma solo da 8 mesi di disoccupazione.

E rompono il cazzo gli uni a parlare di Imu sulla prima casa, gli altri a parlare di Ius soli, e quelli a parlare di diarie e stipendi.

Bravi. Continuate così.

E mi raccomando, nel frattempo occhio con le parole, perchè sono le parole, e non i fatti, a fomentare la violenza.

Cosa ci sarà oltre il limite? me lo chiedevo proprio questa mattina, e ho trovato chi se lo chiedeva con le stesse parole e ha anche provato a dare una risposta: http://pauperclass.myblog.it/archive/2013/05/13/cosa-ci-sara-oltre-il-limite-di-eugenio-orso.html

niente di che. Siamo già in quelle condizioni di chi ha perso. Il limite non c’è.

C’era un illuminante articolo del “fatto” un paio di settimane fa. http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/25/crisi-e-politica-stiamo-negando-realta/575368/

Non so se gli ultimi eventi della politica italiana hanno fatto venire in mente anche a voi un’epoca altrettanto convulsa e incerta dell’attuale: il tempo dell’ultima guerra. Cosa potevano avere in mente gli italiani quando si sono accorti che la sconfitta era inevitabile? Non sembra strano anche a voi che chi aveva un certo potere decisionale non abbia agito in conseguenza? Se la guerra era ormai perduta, perché non prenderne atto e evitare la distruzione perlomeno di quello che rimaneva? Ma, dal Duce in persona ai vari gerarchi e generali, la grande maggioranza dei leader ha continuato a parlare solo di vittoria fino all’ultimo momento. Lo stesso è successo in Germania. Come è stato possibile?

La risposta l’ho trovata recentemente in un testo di Peter Sandman, specialista di “gestione dei rischi.” A proposito della mancanza di reazione di fronte a un rischio molto grave, cita l’esempio delle donne che non fanno controlli per il tumore al seno. Non è perché non siano preoccupate: al contrario, sono terrorizzate. Ma è proprio il terrore il loro problema. Dice Sandman (traduzione mia): “per evitare un terrore intollerabile, devono evitare di pensare al cancro del seno; per evitare di pensare al cancro del seno, devono evitare di controllare se hanno dei noduli nel seno.” La stesso problema c’è anche con il cambiamento climatico: è una cosa talmente terribile che molti reagiscono evitando accuratamente di pensarci.

Dice ancora Sandman: “Molti immaginano che il grosso problema psicologico in una situazione di emergenza sia il panico. Ma i professionisti nella comunicazione delle crisi sanno che il panico è in effetti molto raro nelle emergenze. La negazione è una delle ragioni per le quali il panico è raro … Quelli che si trovano sul punto di cedere al panico azioneranno in generale un interruttore emozionale e si porteranno in uno stato di negazione. Questo non è certamente ottimale: quelli che negano l’esistenza del rischio non agiscono in modo appropriato.

E’ questa la condizione diffusa. Chi è già con l’acqua oltre la gola affoga in silenzio. Chi ce l’ha al collo annaspa sperando di salvarsi, e pensa che in fondo non toccherà a lui, che andrà tutto bene.

E’ attiva la negazione del problema fino a quando non è troppo tardi. C’è la rassegnazione delle bestie portate al macello.

Voi pensate che le vacche non sappiano, non capiscano? Che i maiali non cerchino all’ultimo istante di fuggire, con tutte le loro forze?

Ma è troppo tardi ormai.

4 Risposte a “Che ve lo dico a fa’”

  1. Qualcuno je sparerà, qualcuno si sparerà, qualcun altro un po’ più intraprendente inizierà a spacciare part time … ci costringeranno a diventare una società di ribelli, suicidi e spacciatori …

  2. Sperando di non fallire che se succede diventi un appestato…additato e perseguitato…..se si fallisce meglio farlo alla grande e nascondere dove puoi…indebitandoti il + possibile con le banche…..chi fallisce in modo onesto lo prende irremidiabilmente in culo!!

    1. chi non ha mai pensato altro che di lavorare onestamente ha una ditta individuale, o una società in nome collettivo, o una società di fatto… e ci sta dentro con tutte le scarpe, non può scappare da nessuna parte.

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