l’anima sulle labbra

E’ un po’ di giorni che mi gira per la testa il tema del tradimento. Di un particolare tipo di tradimento. Quello delle persone che hai amato, che usano quello che tu hai dato loro di te per farti del male.

Questa mattina, dal blog di Virginia, un argomento che ha postato mi ha fatto tornare in mente questa cosa. Ora, nel blog di Paola ho ritrovato una frase di Stephen King, che conosco bene e che mi piace moltissimo, nella quale riecheggia questo tema, anche.

Le cose più importanti sono le più difficili da dire.
Sono quelle di cui ci si vergogna, perché le parole le immiseriscono.
Le parole rimpiccioliscono cose che finché erano nella nostra testa sembravano sconfinate e le riducono a non più che a grandezza naturale quando vengono portate fuori.
Ma è più che questo, vero?
Le cose più importanti giacciono troppo vicine al punto dov’è sepolto il nostro cuore segreto, come segnali lasciati per ritrovare un tesoro che i nostri nemici sarebbero felicissimi di portar via.
E potremmo far rivelazioni che ci costano per poi scoprire che chi ci ascolta ci  guarda strano, senza capire affatto quello che abbiamo detto, senza capire perché ci sembrava tanto importante da piangere quasi mentre lo dicevamo.
Questa è la cosa peggiore, secondo me.
Quando il segreto rimane chiuso dentro non per mancanza di qualcuno che lo racconti ma per mancanza di un orecchio che sappia ascoltare.

Quante volte abbiamo pensato di aver trovato la persona che sapeva ascoltarci, alla quale aprire la nostra anima. A cui chiedere comprensione per le nostre paure, le insicurezze, il senso di inadeguatezza. Quante volte ci siamo affidati a qualcuno totalmente, chiedendogli di custodire con noi anche i segreti più nascosti.

Forse capita non molto spesso, nella vita, di abbassare così tanto le difese.
Quanto fa male quando quello che hai confidato viene usato contro di te?

C’è un patto, secondo me, fra persone che si sono volute bene, che non dovrebbe essere rotto in nessun caso. Mai.
Le cose che ci siamo detti quando ci amavamo dovrebbero rimanere nascoste per sempre. Quello che ti ho confidato quando ero sicuro del tuo amore dovrebbe essere come dimenticato, quando quell’amore finisce. Qualunque cosa ci possiamo dire, ora, anche tremenda, che resti fra noi, quello che ci siamo detti quando ci amavamo.

Non è così. Lo sappiamo.
Ed è come sentire una lama che ti entra dentro, quando ti accorgi che l’altro usa per farti male ciò che gli hai dato perchè magari ti aiutasse.

Riuscite a dimenticare?
Io mi rendo conto che non ci riesco.
Posso capire, comprendere la rabbia. Essere diventato indifferente alla persona. Posso perdonare altro male che mi ha fatto, che magari in quel momento sembrava imperdonabile.
Ma a questo tipo di tradimento non riesco ad essere indifferente. Anche a distanza di molto tempo.

Non è vero che in guerra e in amore tutto sia permesso. In guerra esiste la convenzione di Ginevra. Magari non viene rispettata ma esiste.
In amore?

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Non potevo correre o giocare
da ragazzo.
Da uomo potevo solo sorseggiare dalla coppa,
non bere -
perchè la scarlattina mi aveva lasciato il cuore malato.
Ora giaccio qui
confortato da un segreto che nessuno tranne Mary conosce:
c'è un giardino di acacie,
di catalpe, e di pergole dolci di viti -
là quel pomeriggio di giugno
al fianco di Mary -
baciandola con l'anima sulle labbra
all'improvviso questa prese il volo.
(edgar lee masters)




7 Risposte a “l’anima sulle labbra”

  1. roberto hai citato una delle poesie che amo di più in assoluto.
    quello che succede tra due persone che si amano e/o che si sono amate sono cose che una volta chiamavano " segreti d’alcova ". adesso sembrano diventati i segreti di pulcinella. ti rendi conto che abbiamo a che fare con persone impazzite?

  2. Molto dipende da che cos’è per noi l’amore, da cosa indichiamo con questo termine e se lo consideriamo espressione del rispetto.
    Fa male, troppo male realizzare che in nome dell’amore ti abbiano disarmato ed ucciso con le tue stesse armi.
    No, io non dimentico. Come si fa a dimenticare…è uno stupro dell’anima…
    Ma il ricordo, a volte, alimenta una rabbia tale da non riconoscersi ai propri occhi. Allora scatta una guerra dentro perchè sai che se cedi alla rabbia permetti alla persona di registrare due vittorie, e non una: quella di averti ferita nel modo più vile e … quella d’averti cambiata, incattivita…
    Il detto da te citato non mi ha mai convinta, nè in amore nè in guerra è possibile tutto perchè penso ci siano cose che annullino il senso  dell’uno e dell’altra se accadono.
    Ciò di cui stiamo disquisendo ne è la prova.
    "Se è stato capace di farmi questo, non mi ha mai amato. E se non mi ha mai amato, per me è morto".
     
    Forse sarebbe più esatto evitare di lanciarsi in amore come se, corazzati ed armati fino ai denti, ci si lancia sul campo di battaglia.
     
    E’ nel provare questa sofferenza che ho compreso perchè per i greci indicavano con il termine Psiche (ψυχή) l’anima.
     
     

  3. Io penso che chi fa del male, in fondo è perchè si è sentito aggredito, o a sua volta tradito, a torto o a ragione, e vuole difendersi. Magari esagera, per reazione. Posso capire anche, razionalmente i suoi motivi.
    Però la "rottura" di questo patto spezza nettamente qualcosa. C’è stato amore, affetto, comprensione, tenerezza. E ora c’è questa ferita profonda. L’amore è finito, siamo andati ognuno per la sua strada. Potevamo mantenere un ricordo dolce, un affetto. E invece così, anche se non provi rabbia, o voglia di rivalsa, senti il dolore sordo di una ferita che porterai con te tutta la vita.
     
    Per questo, virginia, mi è venuta in mente quella poesia, bellissima e che non c’entra col tradimento.
    Perchè un amore ti porta l’anima sulle labbra, per un bacio. E ti porta l’anima laddove sei sensibile, quando vieni colpito.

  4. Quando l’amore finisce è possibile andare per la propria strada portando con sé tutto il buono che c’è stato. Ma perché questo avvenga, l’amore deve finire contemporaneamente per entrambi e non sempre questo succede. L’amore si trasforma in affetto e non ci sono recriminazioni o conti da presentare.
    Nella maggior parte dei casi c’è qualcuno che smette di amare e qualcuno che invece è ancora preso e si scatena la rabbia, l’orgoglio ferito, la voglia di rivalsa: se sto male io, devi star male anche tu. Si prendono le parole dette, si sezionano e si presenta il conto. C’è la frase di una canzone che dice più o meno (la traduco al volo): "dicevi che mi avresti amato fino a quando saresti morto, ma per quanto ne so, sei ancora vivo ora".
    Le coltellate partono dure e profonde e si sciupa quello che di bello c’è stato.

  5. Le coltellate posso capirle. E nel momento in cui stai soffrendo puoi far male. Con il tempo poi, ridimensioni queste cose per quelle che sono: "reazioni al dolore".Però anche in quei momenti, si dovrebbe conservare un certo controllo dei mezzi a nostra disposizione per offendere. I carnivori, gli animali con strumenti offensivi micidiali, hanno sviluppato un codice molto rigido per evitare che i combattimenti sfocino in ferite irreparabili e la morte. I lupi, per esempio, difficilmente arrivano a farsi veramente male. Io sono consapevole, della mia forza fisica. Se perdessi completamente la testa, sottoposto ad un’aggressione da parte di una persona evidentemente più debole di me, potrei reagire ferendola seriamente o peggio. Ma, per fortuna, non è accaduto spesso di venir aggredito, e comunque, evidentemente ho un forte autocontrollo.Lo stesso autocontrollo mi impedisce di usare certe "armi" fornitemi dalla conoscenza profonda di una persona.Trovo per esempio terribilmente scorretto, utilizzare informazioni relative ad un passato nel quale io e lei non ci conoscevamo neppure, e che lei mi ha raccontato confidandosi, per attaccarla e farle male.Insomma: è necessario usare tutte le armi a nostra disposizione? Non c’è un limite che la nostra coscienza ci impone di non superare. Un codice dentologico del litigio fra ex-amanti?Secondo me è giusto che esista. Io penso di averlo, questo autocontrollo e per questo rimango ancora più esterrefatto quando una persona che ho stimato (la stima è parte integrante dell’amore) si dimostra indegna. Ho lasciato sedimentare i pensieri su questo argomento per anni. Perchè non c’era abbastanza lucidità, a caldo, per ragionarci su. Ma mi accorgo che con il tempo, mentre tutto il resto, anche le cose belle, scolorano, rimane vivo il ricordo della delusione. Alla fine, forse dopo anni e anni, quello che caratterizzerà la storia di quell’amore sarà proprio il tradimento del codice deontologico …Sono passati molti anni. Ovviamente ho dei "flash" di quella storia, che durò un bel pò. Emotivamente non mi provocano sensazioni. Sono solo immagini che mi scorrono nella mente. Parole. Consapevolezza di emozioni provate, ma senza riprovarne nemmeno un’eco flebile.Il momento invece in cui lei mi dice alcune parole "usando contro di me quello che io le avevo raccontato"  è vivo e presente. Mi provoca ancora disgusto, rabbia, disillusione.Mi chiedo se tali sensazioni appartengano solo a me, alla mia struttura psichica, ad una certa rigidità etica, oppure siano cosa di tutti. Magari ovviamente, con valenze diverse a seconda dei propri valori.

  6. Non credo siano sensazioni soltanto tue. L’amarezza nei confronti di chi ci rivolta contro la nostra "anima" con freddezza è naturale. La mia riflessione era sulla reazione a caldo, quando ti arriva il pugno in pieno viso e cominci a colpire dove capita. Una volta sedimentata la reazione al dolore non ci sono giustificazioni allo sbattere in faccia le cose più intime e sporcare la parte bella che è appartenuta al rapporto. Può essere giustificato il "cancellarsi", il perdersi di vista… ma ancora rinfacciare le cose a distanza di tempo non ha senso. Le ferite anche profonde si rimarginano, magari resta la cicatrice, ma non si smette di vivere per questo.

  7. PS: nel momento in cui finisce la storia, il momento clou della rabbia, il grado di autocontrollo dipende quasi esclusivamente dalla parte in cui stai… se sei quello che lascia o quello che subisce l’abbandono… Difficilmente chi rinfaccia è la persona che sta chiudendo la storia. La "lucidità" di reazione, e di conseguenza l’autocontrollo, di chi viene lasciato dipende da che consapevolezza si avesse del fatto che la storia andava male.

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