Ci credo, che abbiano paura.

E’ una strana sensazione quella che mi porto dietro da ieri sera, tornando dal comizio di chiusura dello Tsunami Tour di Beppe Grillo.

Ero curioso della gente che avrei visto in piazza soprattutto. I comizi di Beppe Grillo li avevo già ascoltati in streaming. Ma la vera grandissima novità di questa tornata elettorale è la gente. Gente come non se ne vedeva da… quanto tempo?

Non è la quantità, che pure è importante. E’ qualche altra cosa. Difficile da definire. Una cosa che senti che c’è, ma non sai che nome dargli.

Anche adesso. Scrivo, cancello, cambio angolazione, torno indietro, cancello di nuovo, riparto.

E’ tanto che non andavo in piazza. Ma le ho frequentate. Eppure non ho avevo mai visto una piazza così.

Non è per la partecipazione emotiva. Ho visto piazze dove l’emozione era una cosa che ti faceva mancare il fiato.  

Non era il senso di appartenenza. Quella sensazione di comune identità, di appartenere ad una parte, di avere delle cose in comune, di essere fra compagni. Di riconoscersi.

P1040536 [800x600]

Ai margini della piazza dov’ero io, sembrava che fossimo capitati lì quasi per caso. Eravamo dei passanti che si erano avvicinati. Dei curiosi, un po’ vergognosi di essere lì, che non guardavano gli altri vicini, come avendo paura di riconoscersi in loro.

Ragazzi giovanissimi. Persone anziane. Famiglie. Gente col cane al guinzaglio.

Non era il popolo delle manifestazioni. Del primo maggio. Delle sfilate sindacali. Degli studenti. Era le persone che si incrociano per strada mentre cammini per la città e che pensi abbiano poco in comune, fra loro, con te.

P1040533 [800x600]

Eppure erano/eravamo lì, col disincanto che ti teneva le mani in tasca mentre altri applaudivano. Al massimo si assentiva con la testa. O con qualche sorriso alle battute su gargamella, e qualcuno a mezza bocca commentava, su quello che più lo toccava da vicino forse. La sanità, la piccola impresa, le tasse, la scuola.

Forse ero solo io, non so, ma anche le facce degli altri erano come la mia. Le facce di chi non crede più a nulla e quasi si vergogna a essere lì dimostrando contro ogni evidenza che in fondo una speranza ancora ce l’ha.

Sei sconcertato. Ma quanti siamo allora ad avere ancora quella speranza, a credere che forse, se solo fossimo uniti, se solo ci credessimo veramente…

Ti guardi attorno e vedi occhi lucidi. E capisci molte cose. Riconosci il popolo di quella sinistra che si era persa, che da trentanni non sentiva più parole di sinistra, nelle piazze. Ma capisci anche che destra, sinistra, sono parole che non hanno più un senso ideologico. Che non creano steccati.

C’è da rimboccarsi le maniche e ricostruire. Per troppo tempo ci siamo disinteressati del paese, lasciando che una banda di lanzichenecchi si appropriasse di tutto.

Per troppo tempo ci siamo accontentati del nostro orticello, guardando con schifo magari quello che stavano facendo, ma lasciando che lo facessero, sopportando i disagi quando ci sfioravano, accettando la cattiva amministrazione, la prepotenza, la stupidità della burocrazia, i ladri, i gaglioffi al potere come un male inestirpabile, come il cattivo tempo, come manifestazione di una natura matrigna.

Per troppo tempo ci siamo sentiti impotenti, indignati, frustrati, ma anche ci dicevamo che per non rovinarci il fegato era meglio non pensarci, tirando a campare.

Ad un certo punto, in quell’orticello che si faceva sempre più stretto,  hanno cominciato a metterci i piedi. E hanno passato il segno.

E’ così. Le rivoluzioni non si fanno a pancia piena. Non si fanno per motivi etici. Si fanno quando ti fanno incazzare. Quando vengono a toccare la tua vita.

E questi l’hanno fatto. Con delle politiche scellerate che la gente avrebbe forse anche potuto accettare, se solo avesse visto la classe dirigente rimboccarsi le maniche, sacrificarsi, dare l’esempio. Invece, staccati dalla realtà come sono, hanno continuato esattamente come prima. A rubare a mani basse, senza ritegno. A litigare per le poltrone, per il loro sporco potere. E nel frattempo chiedevano alla gente di sopportare di non arrivare più a fine mese, di non trovare lavoro, di essere schiacciati dalle tasse, dalle sanzioni, di accettare una sanità pubblica in dismissione, una scuola fatiscente…

Uno Stato sempre più nemico, occupato da una banda di cialtroni, con i loro siparietti nei salotti televisivi, a cantarsela e suonarsela come se l’unica realtà possibile fosse la loro.

E noi lì a guardarli. Sempre più come bestie in uno zoo. Uno strano zoo da cui loro orchestrano la nostra vita, chiusi al sicuro lì dentro.

San Giovanni…
la piazza era piena come quando tutti gli altri occupanti storici della piazza parlavano di un milione di persone, (berlusconi sparò di due milioni, non mi ricordo quando… ma di fregnacce ne ha dette talmente tante… )

io una volta mi presi la briga di considerare i metri quadrati della piazza e zone immediatamente limitrofe e più di 200.000 persone è dura farcele entrare.

Ma che importa: ieri sera c’era veramente tanta gente, considerando anche che le previsioni davano da giorni pioggia battente senza soluzione di continuità. Previsione sbagliate, per fortuna.

Non ci credo che tante facce di quelle che ho visto si siano formata la loro voglia di venire in piazza andando sul blog di beppe grillo, nella rete.  No, è qualche altra cosa.

Il M5S fuori dalle tv. Dilaniato quotidianeamente da una stampa asservita ai lanzichenecchi… Molti ancora non capiscono: parlano, scrivono di Grillo. Grillo qua, Grillo là. Non della gente, per cui Grillo è solo un tramite.  Il tam tam dei media su Grillo, ossessivo, insistente, inoculante, pervasivo. Molti pensano, e non si accorgono di pensare i pensieri di altri.

Come lo ha trovato, tanta gente che non va nella rete? Perché era lì?

E’ qualche altra cosa quello che ha tirato la gente in piazza e che domani la porterà a votare M5S.

E’ un’onda. Un fremito. Un’energia. Un urlo silenzioso. Ve ne dovete andare.

Ci credo, che abbiano paura.

Cercavamo una porta per uscire. Eravamo prigionieri del buio. Pensavamo di non farcela. Ci avevano detto che le finestre e le porte erano murate. Che non esisteva un’uscita. Poi abbiamo sentito un flusso di parole e di pensieri che veniva da chissà dove. Da fuori. Da dentro. Dalla Rete, dalle piazze. Erano parole di pace, ma allo stesso tempo parole guerriere. Le abbiamo usate come torce nel buio, come chiavi da girare nella serratura per andare altrove, in posti sconosciuti, verso noi stessi. E ora siamo fuori, siamo usciti nella luce e non ci siamo ancora del tutto abituati. Stringiamo gli occhi e, anche se sappiamo che stiamo percorrendo l’unica via possibile, abbiamo qualche timore, ed è normale. Quello che sta succedendo ora in Italia non è mai successo prima nella storia delle democrazie moderne. Una rivoluzione democratica, non violenta, che sradica i poteri, che rovescia le piramidi. Il cittadino che si fa Stato ed entra in Parlamento in soli tre anni. Abbiamo capito che eravamo noi quella porta chiusa, che le parole guerriere erano da tempo dentro di noi, ma non volevano venire fuori, pensavamo di essere soli e invece eravamo moltitudine. E adesso siamo sorpresi che così tante persone a noi del tutto sconosciute avessero i nostri stessi pensieri, le nostre speranze, le nostre angosce. Ci siamo finalmente riconosciuti uno nell’altro e abbiamo condiviso parole guerriere. Parole che erano state abbandonate da tempo, di cui si era perso il significato, sono diventate delle armi potenti che abbiamo usato per cambiare tutto, per ribaltare una realtà artificiale dove la finanza era economia, la menzogna era verità, la guerra era pace, la dittatura era democrazia. Parole guerriere dal suono nuovo e allo stesso tempo antichissimo, come comunità, onestà, partecipazione, solidarietà, sostenibilità si sono propagate come un’onda di tuono e sono arrivate ovunque annientando la vecchia politica. Siamo diventati consapevoli della realtà. Sappiamo che possiamo contare solo sulle nostre forze, che il Paese è in macerie e che quello che ci aspetta sarà un periodo molto difficile, ci saranno tensioni, problemi, conflitti, ma la via è tracciata. L’abbiamo trovata questa via e ci porta verso il futuro, un futuro forse più povero, ma vero, concreto, solidale e felice. C’è una nuova Italia che ci aspetta. Sarà bellissimo farne parte.

11 Risposte a “Ci credo, che abbiano paura.”

  1. Condivido la maggior parte di quello che hai scritto qui. Domani voterò RC alla Camera, perché per me la sinistra ha ancora un significato, e M5S al Senato. Come dicevi tu, quest’ultimo non mi convince del tutto, ma è la speranza.

  2. complimenti per quello che hai scritto. Io non voterò mai RC ma la Libertà non è ne di destra ne di sinistra è un valore universale che va preservato poi si può discutere di tutto

    1. nemmeno io voterò mai RC 🙂 spero di non aver dato questa sensazione, nel mio post. vorrebbe dire che ho sbagliato tutto. sono di sinistra, ma non di quella sinistra.

  3. Nessun equivoco, dài! Però, per quanto mi riguarda, io conosco qualcuno in RC di cui mi fido ancora, malgrado li senta vecchi e superati. La loro storia, i loro sentimenti e intenti e la loro esperienza, non certo la loro egemonia, potrebbero servire in Parlamento. Insomma, un gruppetto di loro credo sia utile. Dopo di che, sapendo che non possono assolutamente farcela al senato, quest’altro voto lo darò al M5S. Ciao. 🙂

  4. Condivido. Ha visto lo streaming e queste stesse sensazioni hanno bucato il video raggiungendomi pure in poltrona. E poi il rap “sono un cittadino punto e basta”! Qui finisce che verranno da tutta Europa a fare gli stages.

  5. È ho dimenticato di scrivere che tra te e il discorso di Grillo, mi avete fatto piangere.

I commenti sono chiusi.