gli occhi di una sconosciuta

Raramente mi è capitato di incontrare una donna e di restarne colpito al punto da non riuscire a staccarle gli occhi di dosso.
Di provare un’attrazione fisica fortissima che ha poco a che vedere con i feromoni, perchè magari si è verificata in luoghi affollati, a distanza. Sembra più legata allo sguardo. Non so bene, non riesco ad analizzarla.
Al mio sguardo: cioè, quello che io vedo sembra riscontrarsi automaticamente con un qualche modello che ho nella mia testa, chissà dove e che non saprei descrivere, ma che quando riconosco sembra che dentro di me accada qualcosa.

Mi è accaduto, come dicevo, raramente. E ogni volta, purtroppo, non c’è stato alcun seguito.

La prima volta ero studente, penso i primi anni di liceo. Ero su un autobus, seduto e leggevo. Alzo gli occhi e il mio sguardo incrocia quello blu di una ragazza con i capelli rossi. Ricordo i suoi occhi, i suoi capelli che incorniciavano un viso gradevole, un qualcosa di rosso addosso.
Non è che ricordo questo ora, che sono passati tanti anni. Anche nell’immediato, questo è tutto quello che avevo di lei.
Perchè, semplicemente, rimanemmo per un tempo lunghissimo, che non so quantificare, dato che mi emozionai così tanto da perderne nozione, a fissarci negli occhi. Quando uno dei due distoglieva lo sguardo, poi immediatamente tornava. Sempre più a lungo. Sempre più sicuro. Ed era una sensazione incredibile.
Di amore. Si può dire amore?
Lei si alzò e scese. E io rimasi lì a rimpiangere di non aver detto niente, di non averla fermata, di non sapere nulla di lei.
Tornai più vole su quell’autobus a quell’ora. Scesi alla sua fermata, gironzolai lì attorno.
Ma non l’ho più rivista.
Per giorni mi mancò fisicamente, dolorosamente.

La seconda volta era una ragazza che incrociavo in palestra all’ora in cui mi allenavo. Con lei perlomeno parlavo. Mi piaceva tantissimo. Ricordo che si chiamava (si chiamerà ancora) Francesca, e lavorava come hostess di bordo in Alitalia.
Parlavamo, ma se parlando mi avvicinavo a lei, mi girava la testa per quanto era forte l’istinto di avvicinarmi ancora di più fino a stringere il suo corpo addosso al mio. Era un desiderio fisico che non era sessuale, anche se poi senza dubbio lo sarebbe divenuto, ma sensuale. Era la necessità feroce di sentirla addosso, di andare oltre la comunicazione verbale e quella visuale, di toccarla, annusarla, assaggiarla. Era qualcosa di molto più animale.
Eppure in questo caso anche era qualcosa di simile all’amore, era desiderio fisico violento ma anche trasporto emotivo. Era quella passione che ti fa perdere la testa.
In questo caso rinunciai. Non volevo casini nella mia vita. Ma io ero sposato ed era appena nata mia figlia; lei anche aveva una storia. E mi costò tantissimo, rinunciare, ma dovevo. Cambiai giorni e orari per non incontrarla più, Francesca.

L’altra sera sono andato a Tivoli, a vedere il film di certi amici che tornavano da una spedizione in miyar valley, himalaya. Ad un certo punto vedo davanti a me, di spalle,  una ragazza, alta, castano scura di capelli, lunghi, molto belli e luminosi, un piumino forse north face, jeans. Piacevole per come si muoveva.
Quando si volta e la vedo in viso … ancora quella sensazione. Il cuore che aumenta i battiti.
Anche lei si volta di nuovo. Si muove sulla sedia. Si volta ancora. Dalle nostre posizioni (io di fianco ma leggermente dietro) è difficile continuare a guardarsi, ma fingendo di cercare qualcuno nella sala ci riusciamo, più volte.
Chissà se anche lei ha provato la stessa sensazione o era per come l’avevo fissata io.
La rivedo fuori, sulla porta. Continuiamo a guardarci. Ma era con dei suoi amici. E non conoscevo nessuno. Che potevo fare?
Vado via voltato verso di lei e lei che si voltava verso di me. Magari semplicemente pensava per come la guardavo che la conoscessi. Non so. Non è detto che lei provasse quello che provavo io.
Ma non lo saprò mai.
Cazzo!
Un’altra volta!
L’ho persa. Non so niente di lei. Non conosco i suoi amici. Non conosco nessuno da quelle parti. L’ho persa.
Di nuovo.

e l’unica cosa che posso fare è dedicarle questi versi, che ho trovato in rete

di Alessio Cosso

Ti ho vista una sera
in quel pub di legno
e di musica dal vivo
mentre ballavi
dentro un vestito
dai fiori scuri
come i tuoi occhi
le belle gambe
fasciate in seta nera
si muovevano
al tempo invitante
di note che sentivi
solo tu
ma nulla di tutto ciò
ha calamitato i miei occhi,
è stato quel sorriso
un sorriso triste
il più bel sorriso triste
che ho mai visto.
ed i nostri sguardi
si sono incrociati
il mio da sopra una camicia
bianca e fuori luogo
il tuo da sopra la spalla
dell’uomo che ti stringeva
ballando
cercando inutilmente
di ballare quella tua musica,
ed il sorriso per un istante
si è acceso di malizia
e sensualità
occhi negli occhi
ed ero io
con te
a danzare
insieme fuori tempo
al nostro tempo
in un giuoco di sfioro
e contatto
soli nella folla
folli nella distanza.
ma la musica è finita
l’istante passato
tu sei tornata al tavolo
a braccetto a lui
ed io uscito
a fumare una sigaretta
immaginando il profumo
della pelle tua
che non ho sentito.

11 Risposte a “gli occhi di una sconosciuta”

  1. A me non è mai capitato. Forse una volta in treno, ma lui aveva gli occhi da pazzo e ne ho avuto paura. Suppongo che non fosse quindi una cosa reciproca, almeno da parte mia.Boh, molte cose non mi sono capitate e non mi dire che a 24 anni sono troppo giovane per blablabla. :DContinuo a ripetermi che avrò la mia occasione ma…la speranza è la consolazione dei depressi.Vabbè, non volevo fare monologhi, scusa. Volevo solo dire che mi è piaciuto molto questo intervento.Anche se ti ho invidiato.
    ciauz

  2. non so se sia meglio che non capitino per niente, se poi non hanno seguito e resti col rimpianto… 😉

  3. qualunque cosa che sia successa adesso e tua, ce l’hai nel tuo cuore e nella tua mente. E’ un’esperienza che ti emoziona e ti arricchisce.. e forse è proprio perchè ogni situazione è finita lì che rimane un qualcosa di importante. Hai potuto vivere attimi di eternità, che ti hanno dato felicità, ma l’eternità in sè, forse, sarebbe una noia…;)

  4. uff… si. deve esserci qualcosa in me che apparecchia le cose per non essere felice.
     
    o forse ha ragione deaushas… l’attimo perfetto è tale proprio in quanto attimo.
    Ci ho pensato.
    Ma nel secondo caso non era così, quella è stata una rinuncia, dopo diverse volte che ci vedevamo e ci eravamo avvicinati.
     
    E in quest’ultimo …
    beh non ci spero, ma magari può capitare che legga un giorno, queste parole. E… chissà…
     
    ma se leggi, sconosciuta di tivoli, ed è stata una cosa solo mia…
    beh lasciami il ricordo dell’attimo, allora.
    e l’illusione che fosse di entrambi.
     

  5. che bella cosa, in fondo poco è sempre meglio di niente e riuscire a provare queste sensazioni, ti fa sicuramente bene, però sveglia, eh roby, che certi treni non ripassano mica!

  6. Certi sguardi sono agguati che ci tende il destino, così quando si annoia e ha voglia di farsi due risate. Ogni giorno incrociamo centinaia di occhi, ma solo di tanto in tanto uno sguardo ci perfora l’anima, percorre tutti i labirinti che abbiamo costruito dentro e ci inchioda al muro. KO alla prima ripresa. Che poi non devono neanche essere occhi particolarmente belli, ma ci leggono dentro tutta la vita in un secondo. Almeno è così che sembra a noi. Sembra che dai quegli occhi lì partano due cavi di acciaio che ci agganciano e in un battito di ciglia abbiamo esaurito tutte le parole, restiamo lì inebetiti, euforici, ma silenziosi. Quegli occhi lì ci sembrano uno specchio, ci vediamo noi interi. Ci spaventano e ci attraggono, perché sembrano conoscerci anche se sono sconosciuti. Forse riflettono uno dei tanti frammenti di noi che sono sparsi nel mondo, come tanti piccoli pezzi di puzzle che dobbiamo ricostruire in tutta una vita.
    Forse non sarà proprio quello sguardo (ma anche sì), ma sono sicura che il destino ti farà inciampare ancora spesso in queste piccole dolci trappole.

  7. bella descrizione, donatella. si vede che sai di cosa parli."inebetiti, euforici ma silenziosi" è proprio così.inebetiti … perchè è come se ti perdessi in quell’istanteeuforici… perché è bellissimo perdersisilenziosi… perchè temi di spezzare l’incanto, le parole non servono e non bastano…ma poi la realtà arriva come un’onda e spazza via tutto, lasciandoti senza altro che il ricordo.

  8. Ecco che mi ritorna alla mente il barattolo di nutella chiuso…….!!!
     
    Ma che invidia che provo…!!!
    mi basterebbe un solo sguardo, un solo attimo, per non sentirmi invisibile….
     
    o forse sono io……il barattolo della nutella chiuso con l’attack !!
     
     
     
    Buona giornata Claudia
     

  9. per quelli della mia generazione uno sguardo poteva raccontare un mondo, poteva essere una vita insieme iniziata e conclusa nel volgere di attimi, di minuti, nella migliore delle ipotesi. da ragazza leggevo brancati e imparavo l’arte del sedurre con lo sguardo, abilità mai messa in pratica per la mia totale incapacità di essere sfrontata. adesso difficilmente abbasso lo sguardo nel parlare con gli altri, ma non provo l’ebbrezza sottile del piacere di guardare per guardare come capita a te… peccato!

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