La strategia della Fiat

Marchionne. Se ne vuole andare da questo paese.

Non che non lo si possa capire, uno che se ne voglia andare dall’Italia, in questi anni.  Per decenni la Fiat è andata a braccetto col potere politico, ora vuole divorziare.

Il partner, la politica, è diventato totalmente inaffidabile. Dopo decenni passati a sorreggersi l’un l’altro, rimbeccandosi le reciproche manchevolezze, il rapporto è ormai alla frutta.

Perché, parliamoci chiaro, la Fiat in questo mezzo secolo che ci precede, dallo Stato Italiano non ha solo avuto (finanziamenti, cassa integrazione, agevolazioni, leggi ad hoc…) ma ha anche dato, in termini di controllo sociale e clientelare. E molte scelte che sotto il profilo della strategia industriale sono state fallimentari, le si deve, più che a manager sconsiderati, a ragioni di opportunità politica.

Ma cosa fatta, capo ha. I tempi sono cambiati. E’ lo Stato, in sfacelo, che è risultato incapace di mantenere gli antichi patti. La politica italiana, irretita dalla finanza, ha rinunciato ad ogni politica di protezione (è l’europa, bellezza…) della produzione industriale e la povera Fiat è stata lasciata a se stessa, e pure bastonata calcisticamente, come segno dei tempi.

Quindi non c’è da meravigliarsi affatto che Marchionne non guardi più in faccia nessuno: né la politica, né i sindacati, né i sodali industriali, ancora troppo ammanicati con la politica.

Però di una cosa mi meraviglio: che voglia costruire ( e vendere) 500 in Usa e Suv Jeep in Italia. Ora.

Mi viene da ridere.

2 Risposte a “La strategia della Fiat”

  1. E lo fa davvero. Gia’ si cominciano a vedere in giro le nuove 500, che tra l’altro, scompaiono in mezzo ai macchinoni improponibili che girano qui per gli states.

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