trekking

In queste serate che non ho niente da fare, mentre mia figlia bibi guarda la tv (oggi mi ha impegnato duramente a fare un puzzle complicatissimo) bevo troppo e scrivo. Alcune cose le metto sul blog, altre no. Per vari motivi.
Però mi è venuto in mente di recuperare un racconto che avevo scritto anni addietro un po’ sbrigativamente.

S’intitolava "trekking lungo in autosufficienza". E’ adatto a questo periodo, magari faccio ancora in tempo a salvare qualcuno.
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Nonostante le nostre montagne e le Dolomiti in particolare siano ad Agosto frequentate come spiagge, ogni anno si legge di persone che si sono perse in boschi o valli passando la notte al famoso "addiaccio" che un mio amico chiama più pertinentemente "agghiaccio" (caldeggio la sostituzione sui vocabolari perché agghiaccio mi sembra più appropriato, specie per chi si perde quando fa freddo).
 
Comunque io non mi sono perso in quel lontano luglio dei primi anni 90. Perlomeno, non sui sentieri.
Ma certo non ero presente a me stesso quando organizzai quel trekking.

Il fatto è che nella mente di un maschio adulto, si affollano una serie di miti difficili da controllare, che escono fuori quando meno li aspetti. Come una macchia sulla cravatta che a casa non c’era e che invece risalta sotto la luce del ristorante.

Certamente la responsabilità di questi accadimenti sarebbe da suddividere equamente con Jack London, Tex Willer, John Muir. Io e mio fratello possiamo prenderci la nostra ampia fetta di responsabilità ma vorrei si sapesse che non eravamo soli.

Non so da chi partì l’idea malsana di fare un trekking di 5-6 giorni in completa autosufficienza.
Forse, lo posso anche ammettere a distanza di tanti anni, il germe velenoso germogliò nella mia capa, abbondantemente innaffiato dall’insana lettura del noto "Manuale di sopravvivenza delle S.A.S." un libro dove si spiegava come ricucirsi se feriti o come pescare una trota con le mani, come bere la propria urina e mangiare in insetti.

Ovviamente non intendevo affatto avvalermi di tali tecniche. Pensavo a qualcosa di molto più soft.
E forse questo è stato l’errore principale: partimmo infatti per essere autosufficienti come una lumaca, ovvero portandosi la casa sulle spalle. E della lumaca, ahimé, avremmo avuto anche la velocità di spostamento.

Non avevamo alcuna esperienza del genere, ma, infatuati da cattive letture ci eravamo muniti di:

– vestiario per diversi cambi (rigorosamente non tecnico quindi pesante e difficile da asciugare);
– tenda
– sacco a pelo medi da 1800 gr.
– materassino;
– fornello a gas (con ricambio)
– lampada a gas;
– pronto soccorso – ero in grado di coprire una vasta gamma di accidenti, dalla distorsione alla bruciatura, dalla
dissenteria alla stitichezza, oltre ovviamente a febbri di varia natura, nevralgie e dolori vari… avevamo anche il
siero antivipera nella sua scatolotta in polistirolo, e dei profilattici (illusi);
– pentole e posate – non era la famosa pentola in acciaio con fondo di 2 centimetri ma certo non era iperleggera…
– vari indumenti impermeabili in puro nylon;
– acqua quanto basta (2 litri)
– ovviamente avevamo lampadine tascabili, fiammiferi antivento (credo di essere tutt’oggi uno dei pochi in italia che possiede i fiammiferi antivento nel loro apposito contenitore impermeabile)
e, dulcis in fundo, all’ultimo negozio utile avevamo fatto la spesa:
1 litro di latte; 3 scatole di tonno a testa; 2 scatole di fagioli (dannato Tex Willer!); 3/4 etti di formaggio a
testa, pane, biscotti

Insomma ci sarebbe servito un carretto, per portare tutto.
Mentre all’ultima pesata a casa lo zaino andava sui 27 kg , aggiungendo ACQUA e CIBARIE sicuramente superava
abbondantemente i 31/32 kg.

Era da due settimane ormai che facevamo le prove di carico a casa. Ogni volta, con grande
spasso dei famigliari o di occasionali astanti, appena caricavo sulle spalle l’informe fardello lo rimettevo giù
sgomento e lo svuotavo alla ricerca di qualcosa di superfluo da togliere e invariabilmente finivo per escludere purtroppo,  niente più che un paio di calzini, un paio di mutande, una scatola di fiammiferi…

Lunga discussione su "cosa mettiamo in fondo che useremo solo dopo?" con accurate argomentazioni che si riveleranno assolutamente inappropriate.
E’ una delle Leggi Imperscrutabili dell’esistenza quella per cui la cosa che ti servirà per prima sarà quella che hai
messo nel fondo ( e se non ce l’hai messa ci sarà finita da sola!).

Quindi partiamo alle 13 da Passo Duran (versante Sud della Moiazza).
Prima notizia ferale: l’idea era di lasciare l’auto al passo e di tornarci poi con il pullman (ricordavo di aver visto,
l’anno precedente i cartelli delle fermate).

Alla domanda, il simpatico gestore del rifugio: "scusi, più o meno… ogni quanto passa l’autobus? "
lui rispondeva, ineffabile: "bè, direi parecchio…. l’ultimo è passato 4 anni fa…".
Qui ci sarebbe da aprire una parentesi sul tipico umorismo bellunese, un po’ understatement, difficile da apprezzare specialmente quando si è coinvolti nella situazione.
Ricordo un mio cugino che chiedendo al gentile albergatore di Arabba, indicando un cane che si avvicinava minaccioso: "com’è quel cane, è buono?" la ancorché corretta eppure indisponente risposta: "è buono si, però morde";
oppure il gestore del rifugio pordoi che rispondendo a specifica domanda su come fosse la discesa con gli sci di un certo canalone…:"aaahhh è facile… si si facile. però ogni tanto…" e faceva il tipico segno di croce con faccia di circostanza.

Insomma. Sono così. Apparentemente non ti prendono per il culo, sono molto seri. Però, tu hai la sensazione che lo stiano facendo e non sai bene come comportarti.
Pur perplessi dal tipico understatement bellunese, entusiasti come siamo della nostra avventura riteniamo
l’informazione inessenziale.
Siamo determinati e partiamo lo stesso!

Perdiamo tempo nel sistemare il carico, onde evitare pericolosi ingavonamenti.
Pochi metri e ci accorgiamo subito di una colossale sottovalutazione del meteo.

Verso l’una, a luglio, su un versante sud, a 1700 metri, fa un caldo micidiale!
Dopo circa 50 metri mi fermai a riposare.

La tenda, appesa sotto lo zaino, oscillava all’altezza delle ginocchia, dando dei colpetti maligni alle stesse,
con risultati nefasti per l’equilibrio e la tenuta. (La tenda ovviamente era con paleria del tipo ultrapesante in ghisa
e telo in moplen)

Per arrivare al rif. Carestiato, (cai 45′) ci impiegai 1 h e 40′ ed ero come trasfigurato dal sudore e dal caldo. Mi
sentivo seriamente preoccupato.
Lo zaino pesava orribilmente.

Più o meno dopo altra oretta di cammino, fra i pini mughi, decidiamo di consumare il nostro primo pasto: tonno e fagioli con un pezzo di mozzarella!
Uno sciagurato menu che mi costerà un’esofagite da reflusso che durò mesi !
E’ incredibile pensare che già allora in palestra mi nutrivo con proteine in polvere e aminoacidi ramificati.
Quale micidiale corto circuito mentale abbia compromesso le mie facoltà intellettuali non lo so: tonno, fagioli e mozzarella…

Il "picnic" avvenne a circa un quarto d’ora dalla piccola salita che, fatta con quel peso e quel cibo leggero nello stomaco divenne una vera piaga biblica.
Avevo dei rigurgiti acidi che la bava di Alien era Chanel n°5.

Inopinatamente andò via il sole, che fino a poco prima ci aveva martellato,
e cominciò a piovere, proprio all’inizio della salita.

Indumenti tecnici? Maddechè.
Classica mantella Camp con copertura totale dello zaino, che ti dava quell’aria gibbosa, e sotto condensa almeno pari alla quantità d’acqua trattenuta all’esterno.

La mantella Camp merita una considerazione a parte!  L’escursionista zainato sotto mantella, è una delle cose più
brutte che è dato da vedersi in montagna. Oltretutto queste mantelle le avessero fatte mimetiche!! No. Hanno dei colori come delle botte di evidenziatori…. 

La prima volta che incontri un "mantellato" non la scordi. Vedi, da lontano, fra i tenui colori del bosco o sul grigio
delle pietraie, una macchia di un verde o giallo… fosforescente che si muove apparentemente a mezz’aria. Come
un’ectoplasma. Metti a fuoco la vista fra le gocce di pioggia (se quello porta la mantella in effetti è probabile che
stia piovendo) ma non riesci a capire cosa diavolo sia quella cosa informe e luminescente che si avvicina ondeggiando senza toccare il terreno. Inizi a pensare ai fuochi di sant’elmo, ma, per quanto ne sai, non dovrebbero essere così…
Dopo un pò che continui a guardare, con crescente sospetto, capisci che sotto la macchia ci sono un paio di gambe, perlopiù nude (insomma… in calzoncini) e ti tranquillizzi. Riconoscendo un tuo simile. Tuttavia la struttura in
avvicinamento è veramente curiosa… sembra di più un televisore su carrello di quelli che si vedevano nei
salotti delle vecchie zie, quei carrelli dalle zampe fini… che ti viene incontro ondeggiando lungo il sentiero.

Comunque… torniamo al nostro trekking:
Disperatamente, lanciando una tale litania di bestemmioni da far si che il mio compare di sventura (benché di orecchio ateo ed avvezzo) si allontanasse a distanza da non sentirmi, arriviamo in cima al colle: sono le 16,45.
Smette di piovere e si alza un vento micidiale.
Un freddo boia che ci asciuga addosso gli indumenti bagnati e ci costringe a caracollare velocemente giù per la discesa.

Qui caddi una prima volta: con gran clangore di stoviglie e terribile bestemmione echeggiante. Un osservatore attento avrebbe colto nella mia voce i primi segni della disperazione. Con ragione.
Infangato e contuso continuai però stoicamente.
Ma non appena stiamo per entrare nel bosco riesce il sole.
La terra, gli alberi, l’erba… tutto fumava.
Anche noi.
Di nuovo fradici. Totalmente. Gli occhiali appannati. Non vedevo nulla.
Scivolai di nuovo, questa volta all’indietro, con effetto, per via dello zaino, simil tartaruga (quando rovesciata sul
dorso non riesce più a raddrizzarsi).

Attraversiamo il bosco, e un torrente.
In quest’ultimo infilo un piede, protetto da scarpone impermeabile, nell’acqua.
Sorpresa: lo scarpone non era poi così impermeabile!

Si erano fatte le 20.
Uso il poco fiato rimasto per chiamare a raccolta tutti i santi di cui ricordo il nome (appellandoli non benevolmente) in un salmodiare che fa pressapoco così:
tumpscc-mannagg-sciac-cazz-tumpscc-porcacc-sciac-bastar-tumpscc-…..
dove tumpscc è un passo strascicato; sciac è un passo con l’acqua nella scarpa; il resto è la liturgia…

Ricominciamo a salire sulla mulattiera che conduce al rif. Vazzoler.
Sono sull’orlo di una crisi isterica.
Mi chiama mia moglie da Roma e si becca un vaffanculo di quelli cattivi quando mi dice "aaahh voi vi state a divertire e noi qui a lavorare!"

Il mio orgoglio di maschio mi impedisce di abbandonarmi al pianto, ma le lacrime sono li…appena dietro le palpebre.

Arriviamo al rifugio alle 21:45 — 9 ORE DI CAMMINO!!! —- (anni dopo per lo stesso percorso ce ne ho messe 2:45′)

La tenda? il sacco a pelo? e chi gliela fa a montarla o a rovistare nello zaino?
Prendiamo un letto al rifugio, mi butto su una branda…non riesco nemmeno a mettermi a posto le coperte tanto sono stanco, mi sento malissimo. Cado in un sonno senza sogni.
Mi sveglio al mattino ed come se non avessi dormito: sono distrutto dalla
fatica.

Vado a lavarmi.
Ignoro che al Vazzoler hanno le docce con l’acqua calda e mi lavo alla fontanella esterna. Gelida. Sotto lo sguardo
perplesso di certi tedeschi che, loro, avevano appena approfittato delle comodità e profumavano come neonati.
Facciamo colazione ed è ora di ripartire.
Non riesco nemmeno a sollevare lo zaino.
Veramente!
Per metterlo in spalla devo farmi aiutare.
Faccio circa 50 metri, poi me lo tolgo dalle spalle, lo butto per terra ed esplodo in un liberatorio "MA

VAFFANCULOOOOOOO"…
Ho preso una decisione definitiva, di quelle che poche volte nella vita senti con così tanta chiarezza!
BASTA. SCENDO. CHIAMO UN TAXI E ME NE TORNO ALLA MACCHINA.

Non appena maturata questa decisione mi rimetto lo zaino in spalla, faccio
4/5 metri e CRACK …stortone micidiale al piede destro.

aahhhhahhha grrrrrrrrrrrrrrr porcac#ù* mar][à
per farla breve, fasciato e zoppicante, scendo a Capanna Trieste, chiamo il
taxi e ci facciamo portare a passo duran dove riprendiamo la macchina.
Fine del trekking in autosufficienza.

12 Risposte a “trekking”

  1. buffo! reduce da una (dis)avventura con mia sorella alla fine della quale avevo perso l’uso della parola, mi fa ridere leggere quelle degli altri!!! Ho imparato a:  1) non sottovalutare i "montarozzi", ci si può perdere ovunque e a qualsiasi quota! Mai partire senza cartina.
    2) non fidarmi quando mi dicono "i sentieri sono segnati"…non sarà l’understatement bellunese ma c’è qualcosa di estremamente sadico in questo :-S
    3) partire con l’elettrico pure se prevedo di stare via un paio d’ore, perché NON SI SA MAI come va a finire!!!
    😉 ciao Rob!

  2. aho … te sei comprata casa hai fatto i soldi e nun te mischi più a casa chernobil?guarda che stamo lì 3-4 giorni … 😀 ….

  3. altro che casa chernobil!!!! ho fatto campeggio in un posto che a paragone casa chernobil era lo sheraton!!!! 😀
    Quando andate? io (causa appunto quella disavventura) ho le ginocchia in pessime condizioni 🙁
     

  4. ciao robuzz, ma magari avessi un giorno qua e due la…qui si va solo in barca per 3 giorni il 22, rietro a lavoro il 26..e poi portogallo il 15 settembre per una settimana a lisbona, dove spero di fare quello che fai tu…1 giorno qua..poi la…poi 3 qua..e poi e’ finita la mia vacanza….
    buona giornata trekkinatore mascherato.

  5. ma tu sei guida turistica mi pare di aver capito… quindi porti a spasso quelli che stanno in vacanza…
    una volta devo abilmente sfruttarti andando in giro per roma con te … 🙂

  6. pronto soccorso – […] e dei profilattici (illusi);Scommetto che quelli li con la tattica del rovista e alleggerisci non si sono mossi dall’infermeria! Pero’ in effetti…se becchi un orso nel pieno della stagione degli amori di certo non puoi fermarlo..si puo’ solo essere prudenti!

  7. però! mi sto facendo un bel po’ di risate da almeno 10 minuti!!! sembra fantozzi trekking:-)))
    c’è un’alta via bellissima che si può fare senza molto dispendio di energie, prenotando i rifugi lungo il cammino, che parte dal lago di braies e finisce a belluno – lì di sicuro un autobus lo trovi! dura circa sei sette giorni. bastano per depurarsi dai cattivi pensieri e dall’alcol?

  8. parli dell’alta via uno, che ho fatto in altri anni, ed ero su un tratto dell’alta via, in questa occasione, solo che percorrevo una tappa al contrario. (ovviamente)
    solo che volevamo essere in autonomia, ovvero essere indipendenti dai rifugi.
     
    ora ai rifugi non vado praticamente mai, ma a quel tempo non avevo sufficiente capacità di muovermi in montagna per farne a meno.
     
    erano i primi (sbagliati) tentativi, poi affinati nel tempo.
    🙂
     

  9. per fortuna che son qui da solo e gli altri dormono ancora…sto ridendo come un imbecille davanti allo schermo…:-)però…non credere, quando parto, anche per stare via una giornata, spesso il mio zaino supera i 10 kili…binocolo, macchina fotogtafica, racchette e cazzatelle varie oltre a un paio di kili di acqua e il peso sale…comunque bella storia!!!

  10. uè trek…mi ha mandato un messaggio il topocane da una non meglio precisata località "in riva all’oceano" dicendo "c’è la luna e ci sono tre cani, praticamente un’enciclopedia"mi ha rovinato la giornata…tacci tua

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